Cenni storici su Cuccaro Vetere, ecco le principali cose da sapere sul borgo interno del Basso Cilento.
Cuccaro Vetere per la sua posizione baricentrica rappresenta la base ideale per diverse mete di visita. Infatti si trova fra i centri costieri e le vette più elevate del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni .Il centro abitato è arroccato sulla sommità di una collina ad una quota di circa 629 m sul livello del mare. Quasi come fosse una cittadella. Vi si può accedere agevolmente solo dalla parte settentrionale. Il centro domina verso sud-est il corso alto del torrente Lambro. Inoltre le vallate sottostanti degradano dolcemente verso il mare di Palinuro.
L’intero territorio del comune ha una superficie di 17,54 kmq. Con altitudine variabile da una quota di circa 500 m sul livello del mare fino a poco oltre i 1.000 m. Anche per questo presenta una ampia varietà floreale e faunistica. Tutt’intorno al paese vi è una distesa verdeggiante di ulivi. Mentre alle spalle del centro abitato si estendono boschi secolari di castagni, querce e pinete. All’interno dei quali è possibile compiere rilassanti e piacevoli escursioni.
Cenni storici su Cuccaro Vetere. Le notizie sulle origini di Cuccaro spesso si mescolano tra storia e leggenda. Più volte distrutto nel corso dei secoli. E ogni volta ricostruito dalla tenacia dei suoi abitanti. Il paese ha conosciuto sia le invasioni barbariche, sia diverse epidemie.
Il nome Cuccaro, deriva dal greco (= cima, cocuzzolo).
Cuccaro era una delle quattro ” Terre ” normanne che costituivano la Baronia di Novi, poi suffeudo e feudo autonomo. E inoltre era Capoluogo dello “stato” omonimo che, oltre Cuccaro con il casale unito di Laurito fino al 1404, comprendeva altri territori. Cioè Abatemarco, Castinatelli, Eremiti. Poi Futani, Massicelle, Montano. E ancora S. Mauro la Bruca, S. Nazario.
Cenni storici su Cuccaro Vetere. Il paese conserva ancora l’aspetto di una fortificazione, arroccata su una collina a guardia della Valle del Lambro. Ne sono testimonianza i resti della Cinta Muraria e quelli del Castello, certamente precedente al 1350. Avendo notizie dal Gravina che nel castello di Cuccaro, ormai prigione di Stato, sono stati poi rinchiusi alcuni Ungheresi partigiani del re.
La posizione geografica di questo paese fece del luogo una fortezza-rifugio enotria prima. Ppoi caposaldo difensivo della greca Velia.
L’Antonini, autore del settecento, nativo di Cuccaro, governatore e giudice di Centola, pone il paese in questo modo.
« ….in bella prospettiva (….) da Oriente a Occidente tutto murato; e da Tramontana (dove è straripevole) tiene da passo in passo delle torri altissime, parti delle quali sono ancora oggi in piedi. Trovasi ancora sulla cima del paese un forte, e non picciolo castello, oggi mezzo per non dire tutto rovinato».
A levante dell’odierno villaggio vi era un monastero italo-greco con attiguo abitato e la chiesa di S. Nicola dei Greci. Originariamente intitolata, pare, alla Vergine protettrice dei monaci itineranti greci, nella dizione popolare S. Maria dei Greci. Alcuni documenti mostrano che nel 1308, e ancora nel 1611, in questa chiesa si celebrava con il rito greco e latino. Certo è che, ancora nella seconda metà del ‘600, nelle chiese di Cuccaro si celebrava con quel rito, se mons. Bonito, per sradicarlo, ordinò di bruciare i Menologi e le icone bizantine che si trovavano specialmente nella chiesa di S. Nicola, nella chiesa di S. Michele Arcangelo e forse persino nella chiesa di S. Pietro, come assicura il Maiese nel suo manoscritto.
Il più antico decreto di visita pastorale conservato nell’Archivio della diocesi risale al 5 settembre 1728 e fu emanato dal delegato di mons. Odoardi, abate Luca Antonio Romano che “ a terra Montani se contulit ad Hanc rerrem cuccaro” (ff. 26-27), ricevuto nella chiesa di S. Leonardo (oggi Chiesa di S. Teresa) dall’arciprete Onofrio Baldi, essendo la chiesa madre in corso di costruzione (certamente in fase di ristrutturazione essendo qui avanti citata). Nel decreto sono ripetute le denominazioni delle quattro chiese parrocchiali: S. Pietro e Paolo, S. Leonardo, S. Nicola e S. Michele Arcangelo.
Se della chiesa di S. Nicola dei Greci oggi non é rimasta nessuna traccia, tranne che la memoria di qualche anziano che ricorda le ossa venute alla luce durante gli scavi, sull’area dell’impianto monastico, per costruire le odierne abitazioni, ben visibili sono invece i muri di cinta del Convento di S. Francesco e il suo imponente campanile, struttura tutt’oggi oggetto di ristrutturazione.
Cenni storici su Cuccaro Vetere, vediamo ancora qualcosa.
Si ha notizia che …. «nel 1329 con licenza di Giovanni XXII, la vedova di Enrico Sanseverino dei conti di Marsico, Ilaria di Lauria, fece costruire in questo paese un Monastero dedicato ai P.P. Francescani…».
Nel 1795 l’Antonini scriveva:
“…. Trovasi in questa Terra un ricco Monistero di P.P. Francescani, edificato già dalla pietà di Ilaria di Lauria, figlia del famoso Ruggieri, siccome ne faceva fede un’iscrizione posta nel Coro di quella Chiesa, oggi ingratamente tolta via. ….”.
Il monastero ha seguito sempre le sorti del paese dove si sono succeduti diversi feudatari. Le più riguardevoli famiglie dè convicini baroni avevano in questo Monistero le di loro proprie cappelle e sepolcri molte di esse sono oggi estinte.”
Per una più attenta analisi delle trasformazioni sociali ed economiche avvenute nei secoli XVII e XVIII e necessario studiare le famiglie del tempo. Le famiglie, per Cuccaro come per il resto del Mezzogiorno, appaiono come tante piccole realtà demografiche, patrimoniali e sociali.
Numerose erano le famiglie che rivestivano un ruolo di determinante importanza per l’economia del territorio. E vista la sua ampia giurisdizione, Cuccaro doveva assicurare un ricambio politico necessario per la gestione del potere e le famiglie borghesi erano le uniche a poter rivestire questo ruolo.
La famiglia Farao è stata nel settecento il punto di riferimento più importante per l’Universitas e il suo potere nello Stato di Cuccaro rimane immutato per quasi un secolo. Il primo nome a comparire come Capo Eletto è quello di un certo Carmine Antonio (1686). Nel 1743 fu eletto al “Reg.to dell’Università della terra di Cuccaro”. Poi nel 1745 la famiglia Farao si unisce alla famiglia Mazzarella si San Mauro Cilento, attraverso il matrimonio di Beatrice Farao e Didaco Mazzarella.
Si evidenzia una particolare propensione di questa famiglia a gestire non solo il potere politico dell’Universitas ma anche di quello economico. Infatti già dai primi anni del settecento, i Farao risultavano già titolari di numerosi censi bollari derivanti da beni divisi tra cappelle ed altari di loro patronato. Questo assicurava stabilità economica e negli anni l’accumulo di capitali e di un rilevante potere.
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