Tra le peculiarità del territorio cilentano si annoverano senz’altro i Boschi a prevalenza di ontano napoletano. Ci riferiamo a zone collinare e montane.
L’ontano napoletano (Alnus cordata Loisel) rientra nel gruppo delle latifoglie pioniere di tagliate o di terreni soggetti a movimenti franosi. Ma a differenza delle altre latifoglie presenta un areale ristretto.
L’ontano napoletano infatti è endemico dell’Italia Meridionale e della Corsica. Lo troviamo più di frequente in luoghi caratterizzati da rilievi con alta piovosità, elevata umidità atmosferica ed inverni piuttosto miti e brevi. Nell’Italia Meridionale compare sui rilievi che costeggiano il Tirreno da Avellino a Cosenza.
E’ una specie tipicamente sub-montana che trova il suo optimum nella fascia compresa tra 600 e 1000 m. Ma in esposizioni soleggiate arriva sino ai 1300 m. Scende invece a 300 m in esposizioni ombreggiate.
Il suo periodo di vegetazione è molto lungo. Infatti l’ingiallimento delle foglie si verifica in novembre. Mentre l’apertura delle gemme è regolata da un bisogno di freddo obbligatorio. Ma non elevato di almeno 1100 ore con temperature inferiori a 7°C e da temperature diurne di 16°C.
Boschi a prevalenza di ontano napoletano. Questa specie è pertanto soggetta a danni da gelo. Ed a troncature dovute a nevicate precoci soprattutto se essa si trova al di fuori del suo optimum. L’ontano napoletano mostra di meglio tollerare fenomeni di aridità rispetto agli altri ontani. Ma necessità comunque di almeno 1000 mm annui.
E’ senza dubbio una specie eliofila dato anche il suo carattere pioniero. Si insedia soprattutto nelle eccessive tagliate di faggeta, in castagneti da frutto. E anche in cedui appena tagliati prima che intervenga la felce aquilina o altra vegetazione concorrente.
L’azione antropica ha favorito la diffusione dell’ontano nell’area del cerro e del faggio. Mentre di recente esso ha sostituito molti castagneti abbandonati. Tra le latifoglie pioniere l’ontano napoletano è capace di dominare in popolamenti puri o quasi. Dove appare più coprente e in più duraturo possesso del territorio.
Una forte concentrazione di ontanete pure o dominanti le troviamo in Irpinia o del Vallo di Diano. Dove esse arrivano a coprire una superficie di qualche migliaio di ettari. Ad influenzare la distribuzione della specie è anche la sua relativa ininfiammabilità e la resistenza agli incendi.
Per quanto riguarda la forma di trattamento consigliata per le ontanete dell’Italia Meridionale bisogna precisare un aspetto. In passato l’utilizzazione del taglio raso su piccole superfici non ha sortito effetti positivi. In quanto, nonostante il carattere pioniero della specie e aree sottoposte a taglio, sovente venivano colonizzate da specie infestanti a carattere arbustivo ed arboreo. Con la conseguenza di veder ridotto nel tempo l’ammontare delle superfici appannaggio della specie.
L’orientamento attuale è quello di adottare una forma di trattamento basata sui tagli successivi. In modo da non scoprire eccessivamente il terreno. I turni consigliati per la fustaia di ontano napoletano ammonta a circa 70-80 anni. Mentre per il ceduo i turni generalmente adottati si aggirano intorno a 20-25 anni.
Dal punto di vista dimensionale, in fustaie di ontano mature, le dimensioni massime riscontrate su singole piante sono di 65 cm di diametro e circa 26 m di altezza. Il volume di legname riscontrato su aree di saggio in popolamenti maturi è dell’ordine di circa 270 – 420 m3/Ha.
In queste righe abbiamo approfondito i boschi a prevalenza di ontano napoletano. Ma il Cilento è caratterizzato da un territorio variegato. Oltre i boschi del Cilento si apprezza anche altro. Montagne, colline, pianure. Litorali, fiumi, sorgenti.
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