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Boschi a prevalenza di faggio

Boschi a prevalenza di faggio

Boschi a prevalenza di faggio

Tra le peculiarità del territorio cilentano si annoverano senz’altro i Boschi a prevalenza di faggio. Ci riferiamo a zone montane.

Il faggio rappresenta la specie più fortemente caratterizzante il paesaggio della fascia montana sub-atlantica. Specialmente se governata a fustaia. Esso, infatti, male si adatta al governo a ceduo perché caratterizzato da modesta capacità pollonifera. E perché esigente di suoli evoluti e ricchi di humus, che solo il governo a fustaia può garantire.

In quest’ottica, da qualche tempo, le politiche italiane di gestione del patrimonio forestale risultano proprio improntante ad un certo aspetto. Vale a dire quello relativo alla promozione della conversione in fustaia dei cedui di faggio.

Il faggio europeo (Fagus sylvatica L. ) appartiene, come è noto, alla famiglia delle Fagacee.
Il faggio governato ad alto fusto costituisce una caratteristica del patrimonio forestale dell’Italia centro-meridionale. Con una produzione annua di legname che oscilla attorno ai 200.000 m3. Dei quali una porzione consistente è rappresentata dal legname proveniente proprio dai boschi campani.

Nelle regioni dell’Appennino le faggete costituiscono generalmente un fascia di vegetazione ben definita. Tale fascia è compresa tra limiti altitudinali che vanno dai 900-1000 m s.l.m. ai 1600-1700 m. s.l.m. Il limite inferiore del faggio è un limite di aridità. Esso infatti è molto variabile a seconda della piovosità delle singole regioni e delle esposizioni. In particolare può scendere fino a 700-800 m s.l.m. Sia nelle esposizioni a Nord che lungo i corsi d’acqua.

Il faggio è una pianta che necessità di una stagione invernale relativamente fredda, di una primavera piovosa o nebbiosa. Ma senza gelate. Necessita anche di un periodo vegetativo piuttosto prolungato, con ingresso in riposo vegetativo abbastanza graduale.

Nell’area del faggio si riscontrano temperature medie annue comprese tra 6 e 12°C. Con ottimo verso il limite inferiore purché compensato da sufficienti precipitazioni. Il limite freddo del faggio invece è molto variabile e condizionato dalle gelate tardive. Queste ultime incidono soprattutto sui semenzali, per i quali temperature inferiori a –2 °C risultano letali.
Dal punto di vista edafico il faggio predilige suoli ricchi di humus di tipo neutro o subacido e ben areati. In grado cioè di avere forte capacità idrica.

Per quanto concerne le esigenze idriche del faggio possiamo definirlo alquanto esigente in termini di umidità atmosferica e del suolo. Necessita quindi di piogge frequenti, ma non tollera ristagni idrici nel terreno.

Il faggio è notoriamente conosciuto come una specie sciafila sebbene, in fase di novellato, il faggio non ami vivere sotto intensa copertura. La pianta adulta invece esercita una copertura al suolo molto intensa. E per tale motivo il sottobosco delle faggete risulta molto povero. Le sole specie tolleranti dell’ombra, in grado di vegetare sotto la copertura del faggio sono, infatti, il tasso, l’agrifoglio.

Boschi a prevalenza di faggio, vediamo qualche altro aspetto. Alla luce di quanto detto in precedenza, si può senz’altro affermare quanto segue. L’ottimo fisiologico della specie coincide con il suo massimo di frequenza. Infatti allorché la specie vegeta nelle migliori condizioni ed esprime il suo massimo vigore è in grado di esercitare un notevole potere di concorrenza. Tendendo a costituire boschi puri. In tali condizioni la rinnovazione si manifesta in massa ed in modo molto denso. E la chioma stratificata in foglie di luce e foglie d’ombra, tipica della specie, possiede una grande capacità di espandere i suoi rami chiudendo i vuoti. Laddove invece le caratteristiche pedoclimatiche si allontanano dall’optimum, il faggio, grazie alla sua ampiezza ecologica, cede alla consociazione con altre specie. Molto comune è la consociazione in area meridionale con la roverella, il cerro. O addirittura il leccio e il castagno.

Il faggio è una specie ad inizio tardivo della fruttificazione. Singole piante isolate o dominanti producono seme fertile solo dopo i 40 anni. Mentre in faggeta le fruttificazioni significative iniziano verso gli 80 anni. Dopo la disseminazione i semenzali di faggio appaiono in massa già allo scioglimento delle nevi intorno. Vale a dire al mese di febbraio. E la fase germinativa prosegue fino a maggio-giugno. Nel periodo estivo si verifica l’approfondimento radicale e la comparsa delle prime foglie normali. Evento che dipende strettamente dalla intensità di copertura, dalla siccità e dallo stato del suolo.

La rinnovazione comunque può dirsi affermata solo dopo 3-5 anni,. Cioè quando i principali fattori di mortalità dipendono oramai solo dalla concorrenza reciproca tra le piante e dalla presenza di ombra.
Le faggete tipiche della zona in esame afferiscono alla grande categoria delle cosiddette faggete meridionali. In cui rientrano tutte le formazioni dell’Appennino meridionale suddivisibili a loro volta in due categorie in base a criteri altitudinali.
Abbiamo infatti le faggete ad agrifoglio tipiche delle quote inferiori a 1500 m. E poi le faggete meridionali di alta quota che si riscontrano oltre i 1500 m. E questa differenziazione rappresenta un altro aspetto dei boschi a prevalenza di faggio.

Le faggete ad agrifoglio come le faggete mesofile dell’Appennino settentrionale si presentano su suoli evoluti da rocce carbonatiche. Ma anche su suoli generati da rocce silicate debolmente acidi. Il sottobosco di queste faggete è riconoscibile per la presenza di un tappeto più o meno denso e continuo di erbe si bassa statura, sciafile ed esigenti di azoto. Tra le quali le più caratteristiche sono Lathyrus sp., Euphorbia amygdaloides. Allium pendulinum, Melica uniflora, Geranium striatum.

Il sottobosco arbustivo risulta invece particolarmente ricco di Daphne laureola, nelle esposizioni più fresche, dove non è raro imbattersi nel tasso. Nelle esposizioni più calde è invece frequente l’agrifoglio.
Proprio in queste stazioni il faggio può consociarsi all’acero di Lobel. Ed a specie pioniere, quali l’ontano napoletano, il pioppo tremulo, la betulla. Soprattutto in conseguenza di tagli pregressi piuttosto intensi.

Le faggete meridionali d’alta quota sono tipiche delle esposizioni nord e molto piovose . Il sottobosco è ricco di erbe alte a foglia grande. Come Adenostyles sp., Impatiens noli-tangere. Una variante è quella dei faggeti con sottobosco di felci.

La produttività del faggio in queste condizioni può anche essere ottima. Ma con difficoltà di rinnovazione per l’eccessivo rigoglio del sottobosco.
Il faggio è una specie ad inizio tardivo della fruttificazione. Singole piante isolate o dominanti producono seme fertile solo dopo i 40 anni. Mentre in faggeta le fruttificazioni significative iniziano verso gli 80 anni. Dopo la disseminazione i semenzali di faggio appaiono in massa già allo scioglimento delle nevi. Ci riferiamo al mese di febbraio. Inoltre la fase germinativa prosegue fino a maggio-giugno.

Nel periodo estivo si verifica l’approfondimento radicale e la comparsa delle prime foglie normali. Evento che dipende strettamente dalla intensità di copertura, dalla siccità e dallo stato del suolo. La rinnovazione comunque può dirsi affermata solo dopo 3-5 anni, quando i principali fattori di mortalità dipendono oramai solo dalla concorrenza reciproca tra le piante e dalla presenza di ombra.

Boschi a prevalenza di faggio, c’è ancora qualche altra cosa da dire.

La fustaia di faggio risulta di facile ed economica gestione. E questo perché si presta bene alla rinnovazione naturale. Ma occorrono tagli successivi uniformi effettuati generalmente su particelle di superficie pari a 2-3-Ha in popolamenti puri o a gruppi. Invece in popolamenti misti, su superfici di 0,5-1-Ha.

Tale forma di trattamento si è dimostrata essere la migliore. Perché consente di scoprire il soprassuolo maturo in più soluzioni distanziate nel tempo. Favorendo un progressivo insediamento e sviluppo dei semenzali.
Il turno di una faggeta trattata a tagli successivi è necessariamente alto. Sia per la tarda età in corrispondenza della quale il faggio inizia la fruttificazione. Sia per il particolare ritmo di accrescimento del faggio. Ma anche per consentire un adeguato arricchimento del terreno in humus, che risulta essenziale per la rinnovazione.

Pertanto un turno finanziario di 80 anni ed un turno fisiocratico (coincidente con l’anno di max incremento medio) di 110 anni costituiscono per le faggete meridionali un limite minimo.
Il turno di 120 anni comunque resta il più raccomandabile.

I tagli successivi risultano generalmente articolati in un primo taglio di sementazione. E questo incide generalmente su circa il 30-40 % dell’area basimetrica totale. Poi seguito dai cosiddetti tagli secondari. Ed infine dal cosiddetto taglio di sgombero. Con un periodo di rinnovazione variabile dai 15 ai 25 anni. Cioè l’intervallo compreso tra il taglio di sementazione e quello di sgombero.

Il cardine del sistema a tagli successivi è rappresentato proprio dal taglio di sementazione. Che apre il periodo di raccolta del legname e di rinnovazione del soprassuolo. Il taglio di sementazione per sua natura è simile ad un diradamento dal basso piuttosto intenso in grado di isolare le piante dominanti e di forma migliore. La facilità di esecuzione di un taglio di sementazione dipende dallo stato del bosco. Ma anche dalla realizzazione in esso di diradamenti pregressi.

In caso di assenza di interventi di diradamento eseguiti in passato si impone 10-15 anni prima del taglio di sementazione l’esecuzione di un taglio cosiddetto di preparazione. E deve avere i caratteri di un diradamento dall’alto che lasci un buon numero di piante promettenti. Ma anche un sufficiente numero di piante dominate che impediscano l’insediamento della rinnovazione naturale anticipata.

Con l’insediamento di una abbondante rinnovazione e constatata la sua piena affermazione si da inizio ai tagli secondari e di sgombero. L’orientamento attuale è quello di effettuare un solo taglio secondario. Che avviene a distanza di 10 anni dal taglio di sementazione. E un taglio di sgombero eseguito nell’epoca in cui il novellame abbia raggiunto 1-2 m di altezza.

In queste righe abbiamo approfondito i boschi a prevalenza di faggio. Ma il Cilento è caratterizzato da un territorio variegato. Oltre i boschi del Cilento si apprezza anche altro. Montagne, colline, pianure. Litorali, fiumisorgenti.

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